Hic Visionary Box è un luogo caratteristico, alla lettera sarebbe un negozio d’abbigliamento ma io preferisco definire tale realtà come “una suggestiva scatola visionaria” situata a Roma in via Monte Pelmo 1, in zona Montesacro. La sua saracinesca si apre tutti i giorni dal lunedì al sabato, dalla mattina alla sera. Da cinque anni Hic si sta facendo strada per arrivare al cuore delle clienti e dei clienti e posso piacevolmente affermare che ci riesce con grandi risultati. Oggi, l’11 maggio, è il quinto compleanno del negozio e per celebrare la ricorrenza, qualche giorno fa ci sono entrata dentro, lasciandomi trasportare dalla bellezza di un posto ricco di sorprese e dalle plurime identità: la moda, l’arte e l’artigianato. Infatti, questo spazio non custodisce solamente vestiti e oggetti realizzati a mano ma anche opere fotografiche e pittoriche, da scrutare in profondità.
Parlo con le proprietarie, l’artista Letizia Marabottini e l’ex sindacalista Anna Pallotta, che sorridenti e orgogliose mi fanno vedere le foto delle creazioni che sostano sui mobili antichi, a partire dai cuscini coloratissimi sui quali mi siedo, con sopra raffigurato il volto pitturato dell’imprenditrice e interior designer Iris Apfel. L’atmosfera è delle più cordiali, tanto che mentre chiacchieriamo entra disinvolto Giacomo, un bambino che viene spesso qui e adora farsi trattare da cliente preferito, una sorta di “piccolo re” che ha addirittura un pappagallo di cartapesta a lui dedicato, una specie di mascotte esposta in bella vista. Le occhiate che scambia con le due donne sono confidenziali. Qui le commesse non hanno sguardi giudicanti o pretenziosi, ma solo il desiderio di andare oltre gli stereotipi legati al corpo, valorizzato da un capo d’abbigliamento.
…se tu non acquisterai, rimarrai comunque soddisfatta dall’aver vissuto un momento di ascolto davanti lo specchio, da “indossare” a immagine e somiglianza del tuo corpo, osservandoti e compiacendone il riflesso.
Hic si racconta:
Qual è la storia di questa realtà?
Questa realtà è nata casualmente nel 2019. Un giorno passavamo con la macchina davanti al locale in affitto mentre stavamo parlando delle esperienze lavorative passate, eravamo un po’ perse. Volevamo aprire un qualcosa di nostro ma non sapevamo assolutamente che cosa farci… Abbiamo detto “Lo prendiamo? Poi decidiamo cosa ci facciamo”, di solito funziona al contrario… è l’incoscienza della giovane età, noi siamo giovani dentro. Il negozio si è creato strada facendo, nel quartiere mancava un luogo che curasse l’abbigliamento in maniera alternativa e siccome già conoscevamo il territorio circostante per appartenenza, amicizie e frequentazioni, è stato facile individuare chi potesse esserne interessato, ossia il genere femminile. Optammo e tuttora optiamo per dei marchi che possano sposare il gusto delle persone che abitano nei dintorni. Prendiamo pochi pezzi e poche taglie perché siamo una realtà piccolina. Per quanto riguarda l’ospitalità degli artisti e delle artiste, tutti hanno subito dato la loro disponibilità. Facciamo tante mostre di fotografia e di pittura dai generi completamente diversi, ed è una caratteristica che teniamo a cuore: stimolare chi viene non fermandoci solo sull’abbigliamento.
Mi racconti il significato del nome del negozio, “HIC VISIONARY BOX”?
Il significato di questo posto è il voler “ricominciare da qui”, dal latino Hic. È l’idea di “ricominciare da qui”, da una scatola visionaria che contiene tante cose diverse. L’idea è di mettere insieme artigianato, arte e abbigliamento. Inizialmente l’abbigliamento era pochissimo, giusto alcune t-shirt stampate da noi abbinate a delle gonne colorate. Oggi coinvolgiamo artisti e artigiani. Se all’inizio cercavamo forme di artigianato, poi sono state le forme di artigianato a cercare noi; lo consideriamo un successo. Si presentano soprattutto donne che realizzano articoli molto belli, siamo contentissime di ospitarle perché fanno la differenza rispetto ad altri negozi.
Cosa vi spinge a offrire questo spazio alle artiste o agli artisti?
A spingerci è il legame che c’è fra noi e l’arte. Vogliamo aprire e donare un varco di riflessione su qualsiasi cosa faccia parte dell’essere umano e l’arte è un veicolo importante. L’arte ti fa riflettere e spesso non ce lo concediamo perché siamo pieni di impegni; invece, questo spazio dà la possibilità di confrontarsi in tempi lunghi, dando un senso agli esseri umani. Per entrambe stare qui e pensare di occuparci soltanto di vestiti sarebbe la morte. Cerchiamo di tenere ciascun artista per una stagione intera, per dare modo di approfondire il loro lavoro. Alcuni ospiti sono stati: Alessandro Zazza, Myriam Cappelletti, Dania Meloni, Alessandro Crapanzano, Enza Vessini, Roberta Ubaldi e Marta Cerrini. Gli artisti e le artiste all’interno del negozio hanno avuto successo riuscendo persino a vendere, fino a quattro pezzi. L’idea dell’artigianato, dell’unicità e di un mondo creativo, stimola la gente ad apprezzare i prodotti distinguendoli da quelli massificati.
Vedo che lo spazio commerciale si intreccia con lo spazio artistico, come si influenzano tra di loro?
Come accade in natura, succede che le immagini magicamente si sposano con quello che c’è. Gli artisti li selezioniamo personalmente, ci teniamo al senso delle cose che vengono proposte. La qualità deve essere alta. Non chiediamo soldi, alcuni nomi hanno una quotazione elevata e aggiungerci un’eventuale percentuale, a noi destinata, avrebbe un prezzo stratosferico. Qui, in automatico le opere si mescolano con gli stili creativi e pieni di colore dei marchi che scegliamo, diventando un tutt’uno. Le collezioni rendono lo spazio diverso ogni volta e questa è una formula vincente, i quadri e le fotografie danno sempre una faccia diversa a Hic. Anche se all’inizio sembra un tutt’uno poi la gente ci domanda se è cambiato qualcosa. Chiaramente qua non si entra per vedere una mostra ma per comprare un abito o un accessorio; quindi, l’occhio alla fotografia o all’eventuale quadro cade dopo.
Voi ritenete che l’abbigliamento possa essere una forma d’arte?
Sicuramente, nonostante non offriamo alta moda e non ci sia una creatività portata all’estremo, in quanto sarebbe difficile da poter vendere, cerchiamo comunque uno stile unico, legato ai riferimenti del passato, ci piace l’idea della memoria che ritorna a galla. Infatti, spesso ci chiedono “Ma sono vintage questi vestiti?” perché effettivamente un richiamo ce l’hanno. Ricerchiamo i momenti migliori della moda e delle contaminazioni sia classiche che allegre. Bisogna dire che le clienti si prestano al gioco e alle nostre proposte che a volte sembrano audaci rispetto alla classicità della figura con cui ci interfacciamo. Vediamo la necessità da parte delle persone di trovare un’identità distinguibile, poi ognuno ha il suo di stile.
Come pensate di aver riscosso la buona risonanza e la fiducia?
Non abbiamo fatto per niente pubblicità al negozio, è nato tutto col passaparola. Essere posizionate davanti alla vineria crea movimento e seppur siamo un po’ defilate e senza insegna, questo piccolo spazio ha destato curiosità e non lo lasceremo per nessun altro spazio al mondo! Sembra di stare dentro una casa, l’arredamento dell’interno è di famiglia, proviene dall’abitazione di mia nonna, ride (ndr). Il posto non è paragonabile a un grande centro commerciale dove entri in batteria e compri, qui hai tempo di rivederti, di confrontarti e di dialogare con calma. Chi viene si sente a suo agio. Chiaramente se decidi di lavorare nel campo dell’abbigliamento, devi pensare a qualcosa di diverso dalle proposte presenti in giro, trovando una formula accattivante che batta la concorrenza e dal significato emotivo.
Chi sono le persone che, oltre Giacomo, entrano qui abitualmente?
La clientela è trasversale, si tratta di varie generazioni. Bene o male, essendo una realtà di quartiere, il target parte dalle ragazzine di dodici anni, fino ad arrivare alle signore di ottant’anni e passa. Ci sono momenti diversi della giornata per ognuna di esse, la mattina è dedicata alle signore di una certa età che magari stanno in pensione ma hanno ancora voglia di essere un po’ trasgressive e di osare. E poi più tardi arrivano tante altre giovani donne. È divertente che quando c’è il compleanno di qualche bambina che va a scuola nelle vicinanze, le mamme nel pomeriggio vengono con le figlie per farle il regalo e finisce che alla festa si ritrovano tutte con le buste di Hic. Credo che ciò accada perché fortunatamente nel quartiere le offerte non sono tantissime. Hic ha attratto stranamente anche un uomo che si è innamorato dei quadri e li ha comprati. Entrando non per fare una sorpresa alla moglie, come spesso capita, ma per sé stesso.
I tessuti presenti in negozio sono in qualche modo attenti alle politiche ambientali sostenibili?
È un’impresa difficile. La maggior parte dei brand sono assolutamente fuori da questa logica. Dell’ecosostenibilità nel circuito totale ne sappiamo poco e poco ci è concesso sapere, però siamo molto attente a controllare le etichette quando facciamo i nostri campionari. Per il resto cerchiamo di non utilizzare packaging in plastica ed evitiamo il poliestere il più possibile, preferiamo il cotone, il lino, la viscosa e la lana. In merito alla sostenibilità abbiamo realizzato delle attività di recupero materiali prendendo della jeanseria, rigenerandola e poi ridipingendola, creando una linea chiamata “Hic rigenera”, che comprendeva anche delle giacche di jeans disegnate da me. Invece, per il quinto compleanno del negozio, stiamo realizzando delle borsette in cotone con il logo “Hic” fatto a mano con un timbro, cosicché le persone che verranno a fare acquisti potranno utilizzarle. Un’altra piccola attenzione importante è il recupero dei mobili dell’arredamento degli interni. I lampadari sono costituiti letteralmente da una pentola e uno scolapasta degli anni ’50, arricchito dalle gocce avanzate da un vecchio lampadario di cristallo.
Come si devono sentire le clienti una volta uscite da “Hic”?
Devono uscire con le buste piene! Soddisfatte in primis. Ci rende orgogliose sapere che ormai siamo diventate “il negozietto di Montesacro”. Le persone, se hanno un evento particolare, sanno che qui troveranno un abito originale. Siamo felici quando ci dicono “tanto lo sapevo che qui avrei trovato qualcosa”. È bello che spesso le acquirenti vengono a farci vedere gli outfit indossati, salutandoci dalla strada divertite. Hic è un punto di ascolto, non so se sia un fattore comune a tutte le attività commerciali, ma ci portano i dolci, i pranzi interi, la polenta a Natale, c’è una rete bellissima. Durante il periodo di chiusura per il Covid qualcuno lanciò l’iniziativa “adotta un negozio”, e la gente, per aiutarci a pagare l’affitto, ci fece dei bonifici importanti sulla fiducia, con l’idea che alla riapertura gli avremmo fatto il 10% di sconto.
Quali sono le vostre creazioni di cui andate più fiere?
L’estate scorsa proponemmo delle t-shirt dipinte a mano ispirate al libro di Bruno Monari, “Rose nell’insalata”, in cui l’autore mostra le forme simpatiche degli ortaggi, è il caso della foglia di un broccolo o dell’insalata. La gente dopo essere entrata da noi si è comprata il libro, permettendoci di promuovere la cultura e l’arte. Ancora, per stimolare l’attrattività facemmo una serie di borse ispirate al cinema, con sopra stampati i volti di Woody Allen, Tarantino, Flaiano e altri personaggi, tra cui Jane Austen, Marilyn Monroe, David Bowie e Frida Kahlo. Infine, una delle nostre prime produzioni era costituita da dei ciondoli trasparenti in resina colata con dentro inserito il capotesto preso dall’enciclopedia “Il milione” del 1959. Scrivemmo parole raffinate e desuete, che difficilmente si trovano nel linguaggio corrente, come “armonia”, “gentile”.
Dopo essermi immersa dentro la scatola visionaria di Hic, sento di provare la voglia di non lasciarmi scappare la possibilità di rimanere in contatto con il negozio. Mentalmente, avendo imparato a darmi dei tempi più lenti quando mi soffermo su me stessa per conoscermi meglio, e anche nel pratico, sperando che un domani sia possibile creare sinergie Insieme, per esempio vedendo esposte le creazioni di Alare di Luana Cotena in questo luogo gremito di Arte e Ispirazione.
Tutto ciò per continuare a diffondere un messaggio molto semplice ma talvolta lasciato indietro: allontanarsi dai ritmi frenetici della quotidianità e assaporare il piacere delle piccole cose, che spesso si rivelano grandi.
Scritto da: Giulia Pernaselci