Condividiamo la nostra forma dell’ansia per (ri)nascere.

Gli altri
Io
La mia testa
Il mio corpo
Lo spazio
Il vuoto I
l passato troppo pesante
Il futuro troppo incerto Macchie rosse
Fiato corto
Cuore
Battito
Sopravvivenza
Insegnamento
Limite
Potenziale
Quel rumore che non se ne va che è parte di me
che sono io

Queste sono storie di vita vera.
Le sensazioni e le immagini di Anime reali, pure e sensibili.
Anime che sono riuscite ad ascoltarsi e a dare forma alle loro emozioni.
Sono le Anime di Alare, del #TeamAlare, la nostra Founder, io stessa.
Abbiamo deciso di raccontare e donarci, di condividere le nostre visioni sensibili.
Ci siamo (af)fidat*. Scoprendoci tra noi, al fine di modellare delle sensazioni ed emozioni “scomode”, rivelando la nostra nudità e profondità d’animo. Tale sinergia, ci ha permesso di conoscerci più profondamente fondendo le nostre paure, i nostri disequilibri, rendendoli forza comprendendo così che dalla condivisione nasce altra condivisione; ciò per raccontare attraverso le personali sensazioni e i ricordi reali che forma può assumere l’ansia.
Si vivono mille modi di Essere e di Sentirsi, riconducibili a un unico stato con un’unica parola che può assumere molteplici forme, colori differenti e può essere associata a diverse immagini suscitando miriadi di emozioni contrastanti: ansia.
Essa non deve essere categorizzata né definita in modo preciso e univoco. Le sue manifestazioni infatti, sono molteplici, così come le sue cause; l’ansia può condizionare la vita di chi ne soffre in modo profondo, qualunque sia la sua espressione e grazie alla Dottoressa Elena Carbone, psicologa e psicoterapeutica, abbiamo carpito quali sono – secondo gli studi della psiche umana – le origini dell’ansia, i suoi effetti e le sue possibili manifestazioni.

Come possiamo definire l’ansia?

Innanzitutto possiamo dire che l’ansia è un’emozione presente in ognuno di noi, si avverte come una sensazione di tensione psicofisica, di preoccupazione e di inquietudine che attiva tutto l’organismo quando una situazione viene percepita come pericolosa, sia che si tratti di una minaccia reale (es. minaccia alla persona) o figurata (es. minaccia all’autostima). È una risposta normale e innata di attivazione, caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione che ha l’obiettivo di prepararci ad affrontare il pericolo percepito predisponendoci a una risposta di attacco o fuga. L’ansia non è quindi di per sé disturbante, anzi, possiamo distinguere l’ansia fisiologica, che è quella che fa in modo di attivare tutte le nostre risorse fisiche e mentali per raggiungere gli obiettivi (immaginiamo quando dobbiamo dare il meglio di noi in una competizione), da quella patologica che ci limita, ci blocca, non porta all’adattamento dell’individuo (per esempio quando a causa dell’ansia ci ritiriamo dalla competizione). Quindi quando l’ansia diventa limitante la persona

può aver sviluppato un disturbo d’ansia che, a seconda dei sintomi, può essere l’aspetto centrale del disturbo (es. il disturbo da attacco di panico) o emergere durante il decorso della patologia.

Come si manifesta? Quali conseguenze fisico-somatiche e psichiche può comportare?

I sintomi dell’ansia posso essere suddivisi in tre categorie:
1. Sintomi psicologici dell’ansia: forte apprensione non commisurata alla portata dell’evento reale, nervosismo, alterazione della memoria e della concentrazione, rimuginio e preoccupazione, insicurezza e timore, procrastinazione, evitamento di situazioni potenzialmente pericolose;
2. Sintomi fisici dell’ansia: dovuti a una iperattivazione neurovegetativa, sono costituiti da palpitazioni, tachicardia, ipersudorazione, spasmi alla gola, vertigini, bisogno frequente di urinare, sintomi gastroenterici, insonnia con difficoltà ad addormentarsi e risvegli frequenti;
3. Tensione motoria: tremori, irrequietezza, agitazione, facilità a sussultare, contratture muscolari, cefalea tensiva.

Ha dei consigli o suggerimenti utili per affrontare momenti di forte ansia?

Oltre che ovviamente intraprendere un percorso psicoterapeutico è fondamentale convincersi che sia solo un’emozione, che non ha delle reali conseguenze sul nostro fisico e che viene alimentata da pensieri di impotenza e incontrollabilità. Più pensiamo che possa accaderci qualcosa di tremendo e più aumenteranno i sintomi fisici che diverranno la “prova” che sta accadendo qualcosa di catastrofico. Il primo lavoro dev’essere di tipo cognitivo: impariamo a capire come funziona l’ansia e perché è venuta.

Secondo le parole della Dottoressa Elena Carbone, l’ansia è legata a una serie di stati disfunzionali che si auto-alimentano.
Questo accade quando perdiamo il controllo di noi stess*.
Proviamo a imparare ad accettare l’ansia come parte di noi, come parte della nostra sensibilità interiore. Accogliamola, come emozione qualificante che può aiutarci e salvarci, senza farci intimorire.

Cerchiamo un posto per lei: dentro di noi, ovunque sentiamo possa trovare spazio.
Consideriamola e interagiamo con essa. Non pensiamola come vulnerabilità o nemica, ma come potenziale, per capirci e conoscerci. Per creare sinergie profonde.
Per comprendere e ascoltare noi, le/gli altre/i nel mondo, per leggere il mondo e ammirarlo con occhi sensibili.
Tutto ciò che siamo, tutto ciò che proviamo è Bellezza.
Niente ci rende sbagliat*. Amiamoci, come anime uniche e speciali.
La consapevolezza di noi stess* è fondamentale. Dobbiamo imparare a conoscerci. Capire che siamo parte del mondo e che possiamo controllare le nostre azioni in esso.
Infatti non è semplice, ma da dove dobbiamo partire?

Dal mettersi in gioco. Dall’affrontare le perdite, l’oscurità e la vita, anche quando ci intimorisce e ci paralizza. Dall’accettare di potersi conoscere giorno dopo giorno perché ogni giorno ci scopriamo divers*. Perché ogni giorno possiamo imparare dal precedente e possiamo cadere e (ri)costruirci. Possiamo (ri)nascere. E lo possiamo fare insieme. Perché sono le persone che ci salvano. Lasciamo(ci) andare, affidiamo(ci) e riponiamo fiducia nell’altr*. Ascoltiamo per poter(ci) ascoltare meglio. Condividiamo. Confrontiamo(ci). Stimoliamo(ci). Completiamo(ci). Aiutiamo(ci). Sosteniamo(ci).
Anche quando vi sembra di esserlo, ricordatevi che non siete sol*.
Ricordate che ALARE è il nostro spazio sicuro di condivisione, protezione, Libertà. Privo di giudizi ma gremito di sinergie e legami reciproci.
Noi siamo con voi e per voi. E ALARE è frutto delle nostre storie.
Siamo Anime che si aiutano, si sostengono, si ascoltano per ascoltarsi.

E quando rivolgete il vostro sguardo all’altr*, lo farete anche verso voi stess*, poiché dal confronto con l’altr* ha origine la consapevolezza di sé.

Ora vi racconto un po’ di me, della mia storia.
Io soffro di ansia. Ansia che, qualche volta, si trasforma in qualcosa di fisicamente difficile da sopportare, accettare e gestire. L’attacco di panico. Mi inizia a mancare l’aria, provo a respirare ma sembra inutile. Il battito cardiaco accelera e tutto diventa affannato. Mi paralizzo, intrappolata nei miei pensieri distorti e confusi. Chiudo gli occhi e l’aria si spezza si blocca la cerco ma non la trovo è ovunque irraggiungibile. Ne soffro da tempo. Ci sono dei giorni in cui riesco a controllare la mia ansia. Faccio passeggiate, utilizzo tecniche di respirazione, ascolto musica, leggo, disegno. Insomma, mi distraggo. Ma non mi dimentico mai di lei. Ormai, a distanza di tempo so perché arriva e si fa sentire. Perché bussa alla porta della mia mente e a quella del mio cuore. Spesso riesco addirittura a prevederla. Siamo amiche da tanto tempo e la conosco troppo bene. So che non devo ignorarla, reprimerla o scacciarla. Ma accoglierla e interrogarla.
Certo, certe volte, quando mi sento più fragile e sensibile, ho quasi paura di lei. Si attiva un meccanismo un po’ contorto e inizio ad avere ansia di avere ansia. Di non riuscire a godermi i momenti, le persone e me stessa. Come accadeva prima, quando non la capivo e mi sembrava un’estranea. Una potente sensazione in grado di piegarmi.
Quella voce che mi diceva «Non vali abbastanza, non c’entri niente qui, non ce la farai mai, ti giudicheranno tutt*, non piaci a nessun*… Neanche a te stessa, figurati alle/agli altre/altri». Adesso, invece, ho capito che non è una sconosciuta, ma è parte di me. Sono io, la mia parte insicura e timorosa, che ha bisogno di certezze e sicurezze. Certezze e sicurezze che non ho mai trovato in me stessa. Oggi provo a farlo. A essere abbastanza per me. A completarmi. Paradossalmente, capita addirittura di sentirne la mancanza e, quindi, di avere l’ansia per non avere l’ansia. Sono così abituata ad avvertirla in determinati contesti, che senza di lei mi sento stranamente vuota e insolitamente leggera. Quando la aspetto ma lei non arriva capisco che non ha potere su di me. Sono io a poterla controllare. Come?
Semplicemente ascoltandomi. Percependomi. Vivendomi. Perché lei sono io. Ci sono giorni in cui diventa più difficile comprenderla, dialogare con lei e accettarla. Diventa impenetrabile e davvero pesante. Un macigno che dallo stomaco mi trattiene per terra. Sul letto, sul divano, lontano dal mondo esterno. Sono i momenti di massima fragilità. Quando ho paura di parlare con me stessa, di farmi domande e di ascoltarne le risposte. Quando non voglio soffrire. Per quanto difficile, però, non ho mai pensato di togliere voce a questa parte di me. Perché la puoi far tacere, ma lei continuerà a parlarti. E se non la ascolti, inizierà a gridare. E farà sempre più male.

Ascolto è la parola chiave. Non aver paura di vivere la sofferenza. Ma comprendersi. Anche nei momenti che sembrano i più brutti. Per rinascere e trasformarsi. Per scoprire chi siamo e quanto siamo speciali.
La scrittura è ciò che mi salva. La utilizzo per canalizzare le mie emozioni. Per scoprirle.
Scrivo quando non sto bene per capirmi. Riesco a buttare nero su bianco ciò che non mi è chiaro nella testa. Tiro tutto fuori. Come fosse uno dialogo personale, di me con me. Rendo il mio dolore reale, tangibile e comprensibile. Così mi sento meglio, perché gli do voce ed espressione.
Cercare il modo di dar voce alla nostra anima interiore è il primo passo per stare meglio con noi stess*. In qualunque modo pensiamo di poterlo fare.

Troviamo il modo di esternare le nostre emozioni, di renderle reali. Di viverle.
Le persone sono ciò che mi hanno salvato e continuano a farlo. Nel momento in cui ho deciso di condividere me con l’altr*, la mia vita è cambiata. Ho capito di non dovermi portare il peso del mondo sulle spalle. Di potermi affidare alla gentilezza altrui. Alla comprensione e alla protezione di chi mi sta vicino.
Quando ho capito di non essere sola ho iniziato a vivere davvero.

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